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Le feste di Natale

La festa, specie quella religiosa, costituiva un momento importante per la riaffermazione dell'identità culturale della classe rurale e del villaggio che si stringeva compatto attorno ai suoi santi ed alle proprie tradizioni.

Questa identità riguardava la coscienza di appartenere al credo comune e, in senso più ampio, la consapevolezza d'esser parte d'una tradizione comune a tutta la classe rurale, attiva nello spazio conosciuto della vita quotidiana come anima che vivifica il corpo in ogni sua parte, come logos riconosciuto e comprensibile da tutto il popolo. Per il fatto di riferirsi ad una cultura, quale quella contadina, basata sull'oralità e ad oggetti di uso quotidiano, è assolutamente indispensabile l'utilizzo di fonti orali ai fini della catalogazione e quindi della migliore tutela di questi beni.

"U mise e Natale"

La festa di Natale è, per eccellenza, la festa della tradizione proprio per il significato e per l'universalità del suo messaggio. Negli anni, tuttavia , la festa della ricorrenza della natività è andata dilatandosi, allargandosi. Il 25 Dicembre rimane l'appuntamento centrale e più importante, ma di una lunga serie di ricorrenze che precedono e che seguono questa data e che vanno dagli inizi di Dicembre fino al 6 Gennaio per la durata di un mese circa. Gli antichi chiamavano, infatti, il mese di Dicembre o meglio questo lungo periodo "U mise e Natale" (il mese di Natale).

Un'antica filastrocca popolare così presenta questo lungo periodo di festa:

Santu Nicola ha portatu 'a nova                         San Nicola ha portato la novità
alli sie è de Nicola                                                Alle sei è di Nicola
alli ottu è de Maria                                               Alle otto è di Maria
alli tririci è de Lucia                                              Alle tredici è di Lucia
alli vintunu San Tumasu canta                            Alle ventuno San Tommaso canta
'u vinticinque è ra nascita santa!                        Il venticinque è la nascita santa!


San Nicola

(6 Dicembre)

Le origini di Babbo Natale

La prima simpatica tradizione della nostra zona in ordine di calendario è datata 5 Dicembre, vigilia di San Nicola ed è conosciuta come "I CUCCHIDDRI".

Tutti i bambini del paese si alzano prestissimo ed in gruppo, provvisti di un capiente sacco, fanno visita a tutte le abitazioni; si fermano davanti all'uscio di casa e cantano una filastrocca augurale e quindi ricevono dalle mani delle padrone di casa una piccola pagnotta, appunto, "U cucchiddru o Cucchiata di San Nicola".
Questa la filastrocca augurale:
"Nicò, Nicò,
la cucchiata la vuogliu mò,
è su'mmila vu dunare
Santu Nicola te vò aiutare"
.

I Cucchiddri
I Cucchiddri

Abbiamo parlato di cucchiata di San Nicola o Sanctus Nicolaus ed è proprio in questo personaggio la spiegazione di questa tradizione.
San Nicola di Mira, divenuto poi di Bari, era ,appunto, vescovo di Mira, città della Turchia, ed era denominato "Il vescovo dei fanciulli" per la sua generosità e per la sua disponibilità verso i bambini.
Per festeggiare la sua ricorrenza, divenne consuetudine, seguendo il suo esempio, fare dei regali, ma qualche tempo fa qual'era la cosa più preziosa da regalare e più gradita da ricevere se non il pane, quindi per questa ricorrenza venivano appositamente preparati dei pani in miniatura da offrire ai bambini. Questi piccoli pani venivano preparati in coppia o a cucchia, da questo il termine "cucchiata".
Sanctus Nicolaus, questa figura di adulto, di vecchietto che fa regali diviene con il passare del tempo SANTA KLAUS il nostro moderno Babbo Natale.

Festa dell'Immacolata

(8 Dicembre)+\

Un atto notarile del 1600 a conferma dei vari impegni presi verso la Madonna.

Subito dopo i Cucchiddri, nei giorni 6 e 7 con conclusione l'8, giorno dell'Immacolata tocca alle "LUMINERE".

Qualche giorno prima dell'Immacolata venivano preparate dagli adulti, in genere dai nonni per i propri nipotini, delle torce lunghe 60-70 cm. usando la corteccia ben secca di piante del posto, una pianta spugnosa locale chiamata volgarmente "Sonaglia" ( Tasso Barbasso) che si prestava perfettamente per essere unta di olio o grasso, dei pezzetti di legno resinoso che veniva usato come innesco per accendere il fuoco detto "Lume" e del fil di ferro o qualsiasi cosa utile per poter legare assieme tutti questi elementi. Dopo la costruzione si mettevano ad essiccare ulteriormente per giorni e giorni.
La sera dell'Immacolata venivano accese da un'estremità e consegnate nelle mani dei ragazzi impazienti che correndo alimentavano la fiamma e, poi, facendole girare velocemente riuscivano a tracciare delle figure suggestive ben visibili nel profondo buio della sera, anche a distanza. Anche questa esibizione era accompagnata da una canzoncina propiziatoria.

Secondo Vincenzo Padula la tradizione delle Luminere o Luminarie ebbe origine nel lontano 1600 durante la dominazione spagnola. Il governatore spagnolo Francesco Velasquez dopo la peste del 1656 che aveva causato un'infinità di morti costrinse i comuni o meglio i Casali della provincia a stipulare, addirittura, un atto notarile con il quale si assumevano vari impegni verso la Madonna tra cui l'accensione di fuochi, le Luminarie, per noi le Luminere.
La ricorrenza dell'Immacolata apre ufficialmente le porte alla festa di Natale con relativi preparativi e rituali.

Il giorno della vigilia dell'Immacolata ("A Viilia") specialmente nella città di Cosenza, ma anche negli ex-Casali e San Pietro era appunto, uno dei Casali Storici di Cosenza, si usa "FRIIERE". Si preparano i cuddrurieddri e gli altri dolci tradizionali di Natale, è questo da sempre un appuntamento molto atteso nelle famiglie.
Il giorno dell'Immacolata tutti a festeggiare "ccu ra pasta chiina" il piatto classico dei giorni di festa di una volta. Questo piatto è divenuto il piatto simbolo della festa proprio per l'abbondanza e la ricchezza dei suoi ingredienti.

SANTA LUCIA

 (13 Dicembre)

In molti Casali era d'uso preparare per il giorno di SANTA LUCIA a "Cuccìa", un composto di 13 legumi (con variazione di paese in paese, naturalmente,): lenticchie, pristiddri, pisiddri, fave, favarieddri, granu, farru, cicerchia, migliu, scocciaturu, iermanu, ciciari e surache curce.

LE CALENNE O IURNI CUNTATI

(dal 14 al 25 Dicembre)

La tradizione contadina sampietrese vuole che ogni giorno a partire da quello successivo a Santa Lucia, corrisponda ad un mese dell'anno successivo. Il 14 corrisponde a Gennaio, il 15 a Febbraio, il 16 a Marzo e così via fino al giorno di Natale che corrisponde al mese di Dicembre.
Secondo la credenza popolare l'andamento del tempo atmosferico di ognuno di questi giorni dovrebbe trovare riscontro poi nel corrispondente mese dell'anno che verrà.
Questa tradizione delle Calende è diffusa ancora oggi tra le persone anziane di tutto il Meridione.


NATALE

(25 Dicembre)

Una parentesi festosa nella quotidianità di un tempo.

Sicuramente il Natale di oggi non è più il Natale di qualche anno addietro, oggi purtroppo è diventata anche "festa di consumismo", di spese pazze.
Una volta Natale conservava il suo significato autentico, era la festa del focolare, della famiglia, della rinascita, della speranza. Era una parentesi festosa, un po' diversa in una realtà quotidiana fatta di stenti e di privazioni, di lavoro e di sacrifici. I bambini potevano dedicarsi finalmente al gioco delle nocciole o "nuciddre". Si giocava in casa, in strada, si giocava a muntarieddru, a zipanu o cucchia, a carrareddra.
A Natale si poteva mangiare finalmente in modo più decente e abbondante. Accanto a queste gioie c'erano, però, ansie incredibili, non quelle di oggi: quanti regali riceverò? Avrò il cellulare nuovo? Dove andremo a trascorrere il Natale quest'anno?
I bambini di allora sognavano solamente un paio di scarpe nuove, o un paio di calzoni, o una camicina. I poveri genitori ancora più tristi perché non riuscivano mai a soddisfare i desideri dei propri figli, anche per quel Natale non era possibile permettersi spese extra, non c'erano soldi, non c'era disponibilità. Ma in tutti, poi magicamente subentrava la rassegnazione forse pensando proprio a Gesù Bambino, anche lui figlio di povera gente.

Il primo simbolo dell'arrivo del Natale, da sempre, è stato il Presepe, nella tradizione non si parla di Albero di Natale perché l'albero solo da qualche anno è stato introdotto nella nostra tradizione. L'albero di Natale è di origine nordica e non ha nulla a che vedere con il racconto evangelico della nascita di Gesù.
Secondo la tradizione il primo presepe è stato costruito nel 1223 da San Francesco d'Assisi.
Qualche anno fa il presepe era un segno di ricchezza, non poteva certamente essere presente nelle case della povera gente, veniva allestito solo nelle case dei benestanti.
Tuttavia, per la gente comune se ne preparava uno in chiesa, ad opera popolare con la genialità e l'abilità dei ragazzi più bravi che preparavano con la creta, i pastorelli, il bambino, la Madonna e tutti gli altri personaggi.
Ogni presepe ripropone la storia eterna, il bambino è sistemato nella mangiatoia in mezzo a Giuseppe e Maria e viene riscaldato amorevolmente dal fiato del bue e dell'asinello simboli di laboriosità, di umiltà e di fecondità.
Un tempo, in occasione delle feste di Natale, tornavano in paese i pastori e i vaccari che molto tempo avevano passato insieme alle loro greggi, lontano dai familiari. La notte di Natale essi andavano in giro nelle chiese per vedere e godere la suggestiva rappresentazione del presepe. Il figlio di Dio, in fondo, era uno come loro.

In alcuni paesi nell'800 o nei primi del 900 il Natale era preceduto dalla Novena, ma una novena particolare. La messa veniva celebrata, infatti, alle quattro di mattina e questo per non privare i contadini della funzione religiosa. Questi, infatti, dovevano partire prestissimo per recarsi a piedi sul luogo di lavoro. La giornata lavorativa iniziava all'alba per durare fino al tramonto.
La cena della vigilia, finalmente abbondante, prevedeva 13 pietanze diverse bagnate da buon vino. La tradizione delle 13 pietanze la troviamo in molti paesi della Calabria e stanno a significare la solennità dell'appuntamento da festeggiare e da ricordare con un abbondante mangiata, doveva essere il pranzo più ricco di tutto l'anno.

Non doveva mancare "u Pane Natalise" contrassegnato con una croce e che doveva essere affettato, per tradizione e per augurio, dal capofamiglia " U Tata" o in sua mancanza dal maschio più anziano o dal nonno "U Tata ranne".

A mezzanotte della vigilia tutti andavano in chiesa ad ascoltare la Santa Messa mentre sul sagrato veniva acceso un grande fuoco che doveva durare tutta la notte e che riuniva tutta la popolazione anche dopo la messa. Il fuoco da sempre simbolo di vita e che secondo la tradizione doveva servire per riscaldare i pastori che si recavano a visitare il Bambinello e lo stesso Gesù nato nella povera e fredda stalla veniva benedetto e al mattino i tizzoni che avanzavano venivano portati nelle case e conservati come oggetti sacri.
In seguito venivano esposti alle finestre per tenere lontano il maltempo che poteva rovinare i raccolti, o per tenere lontano da quella casa altre sciagure.
Ancora oggi in molti ex casali esiste una vera e propria competizione tra i fedeli delle varie chiese su chi riesce a creare il fuoco di Natale più grande, le cosiddette Fòcare o Fòcere.
Nei paesi arrivavano a Natale gli zampognari che giravano per le strade e si fermavano davanti ad ogni casa per ricevere l'offerta, in genere un buon bicchiere di vino o un dolce fatto in casa.

Dolci tradizionali di Natale
Dolci tradizionali di Natale

A proposito di dolci tradizionali, non mancavano mai sulle tavole della povera gente, nonostante la grande miseria. Le massaie d'un tempo sopperivano con la fantasia alle limitate possibilità di ingredienti, ingredienti che venivano raccolti e conservati nei mesi precedenti. Le nostre massaie sono riuscite ad inventare ottimi dolci che non hanno nulla da invidiare ai dolci di altre regioni più ricche. Pochi ingredienti poveri ma una grande varietà di dolci: cuddrurieddri, chinuliddre, turdiddri, ciccitieddri, mustazzuoli, scaliddre, ncinetti e altri ancora che si scambiavano tra vicini, tra parenti e amici o venivano offerti alle famiglie che non li avevano potuti preparare. I cosiddetti "Fritti di Natale" ancora oggi sono simbolo di festa e di allegria. Per questo motivo non si frigge nelle case colpite da lutti recenti. Un antico proverbio dice: "Amara chira casa c'un se friie"

Durante questo periodo, ma preferibilmente la notte di CAPODANNO si usava portare la "Strina".

A Strina è una stornellata augurale popolare con versi in rima adattati per ogni circostanza dagli estrosi cantanti e si concludeva puntualmente con una buona mangiata e una grande bevuta nella casa dei destinatari della serenata, i quali si sentivano onorati per aver ricevuto la strina.


EPIFANIA

(6 Gennaio)

La notte degli animali parlanti.

"L'EPIFANIA tutte le feste manda via", oppure più vicino alla nostra tradizione "Oie è ra Bifanìa ugne festa piglia ra via".

Anche questa ricorrenza è ricca di tradizioni e credenze.
E' stata introdotta per ricordare l'offerta dei doni dei Re Magi nella grotta di Betlemme. Quindi ricorrenza della Befana come distributrice di doni nelle calze dei bambini attaccate ai caminetti.
La credenza popolare voleva che durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio dalle fontane al posto dell'acqua sgorgasse olio.
Si credeva, inoltre, che durante questa notte tutti gli animali si mettessero a parlare, ma nessuno ha potuto mai constatarlo, in quanto si diceva che chi avrebbe assistito a tale evento sarebbe inevitabilmente morto.

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